I giorni della vendemmia

Lunedì, 21 Ottobre 2013

1984. Nel settembre ancora assolato della provincia rurale emiliana, Elia è un adolescente che vive con i suoi genitori: William, molto vicino al marxismo; Maddalena, donna molto devota; la nonna Maria e il fantasma di un fratello maggiore, Samuele, che non torna ormai da un anno. Cominciano i giorni della vendemmia, ed aiutare nel campo arriva anche Emilia, la nipote grande di una coppia di compaesani. La ragazza sta scrivendo la tesi e passa un po' di tempo dai nonni facendo qualche lavoretto per guadagnarsi i soldi per un viaggio che sogna da diverso tempo.

 

Scheda

Regia: Marco Righi
Paese: Italia
Anno: 2010
Durata: 80 min
Attori: Lavinia Longhi, Marco D'Agostin, Gian Marco Tavani, Maurizio Tabani, Claudia Botti

Trailer: http://www.mymovies.it/film/2010/igiornidellavendemmia/trailer/

Critica

Elia si chiama così perché la mamma cattolica ha avuto la meglio sul babbo comunista, altrimenti si chiamerebbe Palmiro. O Enrico, come “il più amato”, che nell’estate torrida del 1984 è appena morto, gettando nello sconforto una generazione che Elia non può e non vuole comprendere. Non può importargli di Berlinguer, perché i suoi 17 anni fermentano al sole come l’uva schiacciata, e basta una cartolina da Cesenatico (da una che nemmeno si è lasciata baciare) per illanguidirgli i sensi. Basterebbe quello, e la solitudine e l’odore dei vitigni e i dischi lasciati da un fratello un po’ hippy transfugo in Europa; ma quando arriva Emilia, con le sue labbra più mature dell’uva da cogliere, per Elia è la fine dell’età dell’innocenza. È una storia piccolissima, quella dell’esordio nel lungometraggio di Marco Righi, ma c’è dentro tanta Italia, tanto Cinema e tanta Vita che se ne esce leggermente ebbri. Racconto di formazione che aderisce ai tempi rarefatti e febbrili dell’adolescenza, tratteggia fulmineo uno squarcio di Belpaese cattocomunista e venato d’ipocrisia, dove la cruda bellezza di Emilia (corpo magnetico che la macchina da presa cattura, sensuosamente, con sguardo bertolucciano) rappresenta il brusco risveglio da un’età sonnolenta. La carne al fuoco, forse, diventa troppa nel crescendo finale, ma Righi non perde l’equilibrio e il suo piccolo film sa come riempire un grande schermo. (Ilaria Feole, FilmTV n.10/2012)
Niente effetti speciali dunque, né colpi di scena, “I giorni della vendemmia” è uno di quei film in cui non vi è premura nello svelare, ma nel restituire qualcosa allo spettatore attraverso una fotografia delicata, una colonna sonora essenziale, un cast credibile. Una storia semplice dal linguaggio universale: un piccolo film, una grande opera difficile da cancellare dalla mente (Alain Bichon, Vivilcinema).
Nel film di Righi, come in tutti i libri di Pier Vittorio Tondelli, i corpi sono sempre al centro: si sfiorano, si avvertono l'un l'altro. Religione, politica, sono contorni. (Enrico Palandri, Rolling Stone)
Settembre è il mese dei cambiamenti. Nelle campagne è il momento in cui i grappoli d’uva gravidi di succo si lasciano cogliere durante un rito, quello della vendemmia, profondamente legato alla fertilità della terra. C’è qualcosa di religioso e pagano insieme nel rito della vendemmia, qualcosa di antico che si tramanda di generazione in generazione. (Davide Tomì, Il Giornale di Reggio)
Ispirato all'iconografia letteraria dell'unico, autentico, maudit italiano, Pier Vittorio Tondelli, il protagonista tiene “Altri libertini” sul comodino, e una frase di questi apre il film decretandone il senso: “Sulla mia terra, ciò che sono mi aiuterà a vivere la mia vita”.
Sono gli anni '80, Berlinguer è morto e neanche i cattolici stanno troppo bene, e sembra di sentire gli Offlaga Disco Pax cantare quel Piccolo mondo antico, riconoscibile geograficamente ma veicolo di una universalità che lo rende indistinguibile, aperto al mondo. Nella campagna emiliana convivono in equilibrio simbiotico la devozione a Dio e il più radicale sentimento marxista: l’educazione sentimentale di Elia avviene in questo contesto. Non succede niente e succede tutto nel lento avanzare dell'adolescenza, pare interminabile, ma poi ti accorgi invece che i giorni sono secondi e gli anni giorni. Attraverso gli sguardi e i lunghi silenzi, questo film restituisce i tormenti che attraversano questo confuso ma poetico momento della vita, dove tutto accade per la prima volta e ci cambia per sempre.

PREMI E FESTIVAL

Dopo la timida partenza con 3 copie nelle sale emiliane, la presenza in 23 festival internazionali, l'ottenimento dell' Interesse Culturale Nazionale da parte del MiBAC e la candidatura ai David di Donatello 2013, questo piccolo film d'autore sta girando da più di un anno nei cinema di tutt' Italia grazie al consenso di pubblico e critica (circa 25.000 spettatori). Caso cinematografico tutto emiliano, è stato premiato dalla FICE come film d’essai del 2012 più votato dal popolo di Internet e consacrato nell’estate 2013 nella selezione BIMBI BELLI di Nanni Moretti.

 

NOTE

In principio furono tre copie, poi non si è più fermato: sale piene, giudizi lusinghieri, ed ecco il tour nazionale. Il passaparola prosegue, gli incassi crescono, le città che lo programmano si moltiplicano: "I Giorni della Vendemmia", esordio del giovane (classe 1983) regista emiliano Marco Righi è destinato a diventare un piccolo caso, alla stregua di altre opere prime come "La Capagira" (Alessandro Piva, 2000) o "Il Vento fa il suo Giro" (Giorgio Diritti, 2007).
E' un piccolo miracolo produttivo e distributivo, con artefice la società Ierà dell’ostinata Simona Malagoli, che le sale in cui proiettare il film se le è sudate una per una, perché si sa che i listini delle grandi major americane, e anche italiane come Medusa e 01, bloccano e ostruiscono il passaggio di qualsivoglia opera indipendente, perfino nelle celeberrime sale d’essai, anch’esse sottoposte al diktat di un listino di qualità comunque altrettanto blindato.
Un risultato ancor più sorprendente se si pensa che il film è stato realizzato da un gruppo di professionisti under 26, senza alcun contributo pubblico ed è un'opera prima sia per il giovane regista Marco Righi che per la piccola Ierà di Malagoli Simona che l'ha prodotto e distribuito.
Il miracolo quindi è anche quello artistico e poetico di Righi, che già nel 2006 aveva fatto parlare di sé per “Abbasso il Duce”, documentario girato con Cosimo Bizzarri e con protagonisti gli anziani partigiani del distaccamento Don Pasquino Borghi di San Polo d’Enza, nonché omaggio ai propri nonni resistenziali. Una memoria antifascista che anche in questo lungometraggio d’esordio Righi fa rientrare con vigore e mescola all’età acerba dell’adolescenza.
Curiosità: la sequenza finale richiama il film francese del 1985 dirretto da Jean_Luc Godard “Je vous salue, Marie”.

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